31 Gennaio 2023

L’arcangelo è in bilico

«Ho mandato tre quadri irrazionali alla Quadriennale, con tutta la responsabilità che questa eresia comporta: Castello in aria, Stratosfera e L’arcangelo Gabriele».

Così scrisse Osvaldo Licini al critico d’arte Giuseppe Marchiori in una lettera del 7 gennaio 1935: il riferimento era alla seconda Quadriennale d’arte nazionale di Roma che si sarebbe inaugurata meno di un mese dopo.

Successivamente alla scomparsa dell’artista quella frase fu pubblicata da Marchiori che specificò: «ma poi invece dell’”Arcangelo Gabriele”, fu esposto “Il Bilico”» (1).

 

Osvaldo Licini, Il bilico, 1932

 

Sul catalogo della Quadriennale del 1935, in effetti, l’Arcangelo Gabriele non era indicato tra le opere di Licini presenti in mostra; erano invece indicati Castello in aria, Stratosfera e Il bilico (2).

Da qui l’idea che, poco prima dell’inaugurazione della Quadriennale, fosse stato deciso di esporre un quadro (Il bilico) in sostituzione di un altro (l’Arcangelo Gabriele).


Il  cosiddetto  “Arcangelo Gabriele”

 

Attraverso quella lettera del 1935 si apprende che Licini aveva realizzato un’opera dal titolo “L’arcangelo Gabriele”.

Alla morte dell’artista, tuttavia, non fu trovata alcuna opera da lui espressamente intitolata in quel modo.

Marchiori ritenne che l’Arcangelo Gabriele fosse un dipinto di Licini del 1919 (3).

 

Osvaldo Licini, cosiddetto “Arcangelo Gabriele”, 1919 (ripreso successivamente)

 

Ma l’artista, nella stessa lettera, aveva inserito l’Arcangelo Gabriele tra i quadri “irrazionali”, cioè tra quelli astratti che aveva iniziato a dipingere a partire dal 1930 (4).

Quindi l’Arcangelo Gabriele menzionato nella lettera doveva essere un quadro degli anni Trenta.

L’opera individuata da Marchiori, invece, non soltanto è del 1919 (5) ma, sul piano stilistico, è molto diversa dai quadri “irrazionali”; d’altra parte non credo neppure che essa sia una raffigurazione dell’arcangelo Gabriele (6).

Penso dunque che Licini, in quella lettera, si fosse riferito  a un’opera  diversa  da quella poi individuata da Marchiori.

 

La  sostituzione

 

Nella stessa lettera del 7 gennaio 1935 Licini scrisse di avere mandato tre suoi quadri “irrazionali” (tra i quali, appunto, l’Arcangelo Gabriele) alla Quadriennale: una spedizione da Monte Vidon Corrado (il paese vicino a Fermo, nelle Marche, dove l’artista all’epoca abitava) a Roma.

Soltanto dopo quella lettera qualcuno avrebbe comunicato che l’Arcangelo Gabriele andava sostituito con un’altra opera; di conseguenza Licini avrebbe spedito un altro quadro, Il bilico; quest’ultimo sarebbe dovuto giungere a Roma prima della vernice del 4 febbraio 1935.

L’ipotetica sostituzione di un’opera con un’altra in un tempo così breve (seppur non astrattamente impossibile) sarebbe stata comunque difficile da realizzare in concreto; soprattutto a quell’epoca.

Forse però le cose furono più semplici di quanto solitamente non si creda.

La mia ipotesi, infatti, è che non ci fu la sostituzione di un quadro con un altro; semmai fu soltanto dato un nuovo titolo a una stessa opera astratto-geometrica degli anni Trenta.

Licini, che in un primo momento l’aveva chiamata Arcangelo Gabriele, decise poi di intitolarla Il bilico (7): una decisione successiva alla stessa lettera del 7 gennaio e precedente alla vernice del 4 febbraio 1935.

Una modifica soltanto “nominale” che non avrebbe inciso sulla sostanza di quanto rappresentato nel dipinto: cioè, a mio avviso, una raffigurazione astratta, “irrazionale” dell’Arcangelo Gabriele.

Una rappresentazione tanto “irrazionale” da sembrare persino “eretica”; e che, probabilmente, sarebbe apparsa ancor più “eretica” se, nel titolo dell’opera, si fosse mantenuto il richiamo al tema sacro dell’arcangelo.

Associare in modo esplicito delle forme geometriche alla rappresentazione di un arcangelo sarebbe stato, probabilmente, inaccettabile nella Roma del 1935.

Licini (forse anche su consiglio di qualcuno) optò così per un cambiamento del titolo. E ne scelse uno  – Il bilico – privo di riferimenti al sacro.


Equilibri  angelici 

 

Il bilico, come indicato dallo stesso titolo, è la rappresentazione di un equilibrio difficile: proprio come quello raggiunto dai due triangoli, uno nero e l’altro rosso, che si toccano sulle rispettive punte.

Punte che sono orientate in direzioni opposte: una verso l’alto, l’altra verso il basso.

Alla Quadriennale del 1935 l’ambasciatore di Francia, riferendosi al dipinto, chiese scettico come quei due triangoli potessero stare in equilibrio. Licini gli rispose: “par miracle!”.

L’artista aveva associato l’arcangelo Gabriele all’idea di equilibrio. Probabilmente si era ispirato alle tradizioni che, in questo arcangelo, vedono anche un simbolo del bilanciamento tra gli opposti: in particolare tra l’elemento maschile e quello femminile in senso spirituale (8).

Molto tempo dopo, negli anni Cinquanta, Licini utilizzò una struttura simile a quella del Bilico per realizzare dei personaggi fantastici.

 

Osvaldo Licini, Angelo color ciclamino, 1956 (particolare)

 

 

Osvaldo Licini, Gli angeli, 1957 (particolare)

 

A questi personaggi diede il nome di “angeli” (9).

Adesso, per Licini, quell’equilibrio non era associato all’arcangelo Gabriele; più in generale era divenuto una prerogativa della condizione angelica.

 

Lorenzo Licini

 

 

(1) Giuseppe Marchiori, I cieli segreti di Osvaldo Licini col catalogo generale delle opere, Alfieri, Venezia, 1968, pag. 18.

(2) Esistono tre dipinti di Licini intitolati Il bilico: due di questi sono quasi identici, anche per le dimensioni. Questi ultimi due dipinti, a quanto risulta, sono stati realizzati in anni diversi: uno nel 1932, l’altro nel 1934. L’esemplare realizzato nel 1934 fa attualmente parte, a Milano, della collezione della Pinacoteca di Brera e fu esposto, nel 1935, alla seconda Quadriennale d’arte nazionale di Roma (si veda, a questo riguardo, il mio studio intitolato Il bilico esposto alla Quadriennale del 1935 pubblicato il 31 dicembre 2018 tra le notizie del sito osvaldolicini.it).

(3) Il dipinto fu esposto con il titolo di “Angelo Gabriele” nella mostra personale di Osvaldo Licini, curata da Giuseppe Marchiori, che si tenne ad Ancona nell’ambito del Premio Marche 1960.
In Giuseppe Marchiori, I cieli segreti di Osvaldo Licini col catalogo generale delle opere, op. cit., pag. 282, l’opera è indicata come Arcangelo Gabriele ed è datata 1919.

(4) Nella citata lettera a Marchiori del 7 gennaio 1935 Licini scrisse anche «da cinque anni il mio regno è nell’aria» alludendo così alla svolta “astratta”, “irrazionale” della sua arte a partire dal 1930.

(5) Generalmente si ritiene che l’opera sia stata in parte ripresa da Licini dopo il 1919.

(6) Rimando, sul punto, al mio studio intitolato La notte senza arcangelo pubblicato il 30 settembre 2022 tra le notizie del sito osvaldolicini.it.

(7) In un mio precedente studio (intitolato Arcangeli alla Quadriennale e pubblicato il 30 giugno 2020 tra le notizie del sito osvaldolicini.it) avevo già ipotizzato che Arcangelo Gabriele fosse il titolo dato in un primo momento da Licini alla stessa opera poi intitolata Il bilico.

(8) Nella tradizione della Cabala, ad esempio, l’arcangelo Gabriele è solitamente associato alla “Sefira” di Yesod. Carl Gustav Jung scrisse che Yesod «riunisce […] l’emanazione della parte destra o maschile (Nezach = forza vitale) e della sinistra o femminile (Hod = bellezza)» (Carl Gustav Jung, Mysterium coniunctionis Ricerche sulla separazione e composizione degli opposti psichici nell’alchimia, Traduzione di Maria Anna Massimello, Bollati Boringhieri, Torino, Prima edizione aprile 2017, pag. 445). La cultura del Novecento ebbe spesso interesse per la Cabala (si pensi, tra gli altri, al caso del Surrealismo).

(9) Per alcune mie considerazioni sugli angeli di Licini rimando allo studio intitolato Osvaldo Licini. Bruto e l’angelo pubblicato il 31 maggio 2022 tra le notizie del sito osvaldolicini.it.