29 Giugno 2021

L’uomo di neve

Tempo fa ritrovai il catalogo di una mostra collettiva che si era tenuta a Firenze nel 1950 (1) e alla quale aveva partecipato Licini; scoprii così che tra i dipinti esposti dall’artista figurava anche L’uomo di neve (in catalogo era datato 1947) (2).

 

Osvaldo Licini, L’uomo di neve, 1947

 

Per decenni, dopo la morte di Licini, l’opera era stata invece solitamente datata 1952; il ritrovamento di questo catalogo (e quindi la scoperta che L’uomo di neve era già stato esposto nel 1950) ha reso ovviamente impossibile quella datazione tradizionale.

 

Assai plausibile appare invece il riferimento al 1947 (il dipinto, tra l’altro, era stato prestato per l’esposizione dallo stesso Licini che, presumibilmente, ne aveva indicato l’anno di esecuzione agli organizzatori).

 

Si tratta di un’opera esposta numerose volte; non mi pare, tuttavia, che si sia mai tentato di spiegare il suo titolo così particolare.

 

Ho quindi cercato di trovare una possibile spiegazione.

 

L’uomo di neve è anche il titolo di una fiaba di Hans Christian Andersen (talvolta nota come Il pupazzo di neve).

 

Racconta la storia di un pupazzo di neve che era stato costruito da alcuni ragazzi nel giardino di fronte a una casa.

Da lì il pupazzo poteva scorgere una stufa accesa che si trovava all’interno dell’abitazione.

L’uomo di neve si accorse di essere particolarmente attratto da quella stufa: “sentiva che doveva trattarsi di un essere di sesso femminile(3), per lei provava un sentimento di nostalgia.

 

Poi il clima iniziò a cambiare, il vento caldo cominciò a sciogliere pian piano il pupazzo che “una mattina crollò. Nel punto in cui si trovava rimase in piedi qualcosa che sembrava un manico di scopa, i ragazzini lo avevano costruito lì intorno(4).

 

Si trattava, in realtà, del raschiatoio di una stufa.

 

La calda stufa (l’essere femminile) aveva particolarmente attratto l’uomo costruito con la fredda neve.

 

La ragione di questa attrazione, di questa nostalgia, stava nel fatto che la stufa, tramite il raschiatoio, faceva parte integrante del pupazzo: in un certo senso ne costituiva l’anima.

 

Guardando la stufa l’uomo di neve guardava quindi anche dentro se stesso.

 

Licini, in una sua poesia, si rivolse alla propria anima dicendo: “Tutti gli angeli ribelli / guardano a te anima mia / a te bella signora silenziosa / A te bella signora quanto mai cara quanto mai fedele / che da lontani astri scivolando / qui sei bene venuta ad abitare senza timore / di umiliarti, nuda come la rosa / nella capanna del mio perduto cuore, per associar la tua sorte al mio destino / Quale destino, tu sai, noi che da anni… ”.

 

L’anima scivolata da lontani astri è forse quella che Lautréamont definiva la “scintilla divina che è in noi(5).

 

La stufa / essere femminile di Andersen corrisponde, in un certo senso, all’anima / bella signora di Licini: entrambe sono “femminili”, ognuna di loro abita nel cuore di un uomo e da lui è amata.

 

Nel dipinto, l’uomo di neve sembra più che altro guardare dentro se stesso, sembra contemplare la propria anima.

 

Ecco perchè, secondo me, questo quadro di Licini ha lo stesso titolo di quella fiaba di Andersen.

 

Lorenzo Licini

 

 

 

 

(1) Si tratta della mostra nazionale Premio del Fiorino che si tenne a Firenze, presso la Galleria dell’Accademia, dal 18 maggio al 18 giugno 1950.

 

(2) Si legga, a tale riguardo, il mio scritto intitolato Un catalogo ritrovato pubblicato il 26 febbraio 2019 tra le notizie del sito osvaldolicini.it; per un mio ulteriore richiamo al 1947 come anno di esecuzione dell’Uomo di neve si veda La luna nel nome, uno scritto che ho pubblicato il 19 luglio 2019 tra le notizie del sito osvaldolicini.it.

 

(3) Hans Christian Andersen, Fiabe e storie, Introduzione di Vincenzo Cerami, a cura di Bruno Berni, edizione integrale, traduzione dal danese di Bruno Berni, Universale Economica Feltrinelli / Classici, Milano, quinta edizione ottobre 2020, Il pupazzo di neve, pag. 689.

 

(4) Hans Christian Andersen, Fiabe e storie, Introduzione di Vincenzo Cerami, a cura di Bruno Berni, edizione integrale, traduzione dal danese di Bruno Berni, cit., pag. 690.

 

(5) Isidore Ducasse Comte de Lautréamont, Canti di Maldoror Poesie Lettere, Introduzione, traduzione e note di Lanfranco Binni, Garzanti, Milano, 1990, prima edizione digitale 2011, pos. 712. Sulla caduta dell’angelo ribelle di Licini come metafora della caduta della scintilla divina / anima nella materia, si veda il mio studio intitolato Amalassunta e la parola non detta pubblicato il 21 maggio 2020 tra le notizie del sito osvaldolicini.it.