22 Marzo 2020

Notturno (sul lago)

 

Gli Etruschi pensavano che il lago di Bolsena fosse il luogo di incontro tra la terra (con la sua profondità) e il cielo (1); credevano anche che la Bisentina fosse un’isola sacra dedicata, in particolare, al culto del sole (2).

Sembra invece che, anche per la sua forma, l’altra isola del lago, la Martana, fosse associata alla luna.

In questa ottica non deve meravigliare che la superficie di questo lago potesse essere considerata alla stregua di un cielo con il suo sole e la sua luna.

 

Ho già ipotizzato un particolare interesse di Licini per la civiltà degli Etruschi e per l’area geografica del lago di Bolsena: a mio avviso rivelerebbero un collegamento con quest’area non soltanto le opere sul tema dell’Amalassunta (3), ma anche, ad esempio, dipinti come Angeli primo amore (4), Angelo di Santa Rosa (5), Naufragio (6) sui quali mi sono soffermato in precedenza.

 

Un altro caso di collegamento con il lago di Bolsena mi pare sia rappresentato da Notturno del 1957.

 

 

Osvaldo Licini, Notturno, 1957, olio su tela, 48 X64 cm

(immagine tratta da Licini, Prefazione di Giuseppe Marchiori, Centro Culturale Olivetti, Ivrea, 1958, pag. 39)

 

 

A proposito di questa opera Giuseppe Marchiori scrisse: “è uno dei ‘notturni’ composti con l’orizzonte rovesciato, e l’astro che sorge dal mare, a sinistra: fascia in diagonale, nera: cielo blù lunare, picchiettato. La linea bianca dell’orizzonte sembra davvero un naturalistico orlo di schiuma” (7).

 

Il blu, a mio parere, rappresenta l’acqua del lago di Bolsena; ma è anche il blu del cielo se, come gli Etruschi, si considera questo lago come un cielo.

 

Nel dipinto è come se il lago fosse osservato dall’alto: la forma multicolore latamente triangolare rimanda alla conformazione dell’isola Bisentina, il blu all’acqua; la fascia obliqua nera ricorda molto la linea della costa del lago di fronte all’isola Bisentina; i due triangoli (uno bianco, l’altro arancione) che sporgono dalla fascia obliqua nera sembrano alludere a un promontorio, quello del monte Bisenzo (dal quale deriva il nome dell’isola Bisentina); da un triangolo verde si stacca una linea orizzontale bianca sulla quale “galleggia” una forma stondata nera. Credo che questa forma rappresenti il Bisenzo che, per l’appunto, si caratterizza anche per l’essere un monte particolarmente stondato.

La stessa linea bianca orizzontale, del resto, crea un collegamento intuitivo tra il monte Bisenzo (la forma stondata nera) e la sua posizione sulla costa del lago (posizione indicata dai due triangoli, uno bianco e l’altro arancione).

 

L’area di Bisenzo (in latino Visentum) fu abitata già a cominciare dall’età del bronzo e qui, successivamente, gli Etruschi costruirono una città importante ed evoluta.

 

Secondo la tradizione gli Etruschi avevano ricevuto direttamente dagli Dei alcuni insegnamenti sacri (l’Etrusca Disciplina) (8) e cioè la Sapienza primordiale: questo, evidentemente, affascinava l’”etrusco” e “primordiale” Licini (9).

 

Lorenzo Licini

 

 

 

Questo scritto viene pubblicato in occasione del 126° anniversario della nascita di Osvaldo Licini.

 

(1) A tale riguardo si legga Giovanni Feo, Il tempio perduto degli Etruschi, Edizioni Effigi, Arcidosso (GR), 2014, pag. 45.

(2) Si veda, a questo proposito, Giovanni Feo, Miti, segni e simboli etruschi, disegni di David De Carolis, Stampa Alternativa Nuovi Equilibri, Viterbo, 2003, pag. 15.

(3) Per un approfondimento sul punto rimando al mio scritto intitolato Amalassunta, l’Angelo di Santa Rosa e la “regione delle Madri” pubblicato nel 2019 tra le notizie del sito osvaldolicini.it.

(4) Si legga, a tale riguardo, il mio scritto intitolato Il cielo nel lago pubblicato nel 2020 tra le notizie del sito internet osvaldolicini.it.

(5) Si veda il mio scritto Amalassunta, l’Angelo di Santa Rosa e la “regione delle “Madri”, cit.

(6) Si veda, a tale proposito, il mio scritto intitolato Il cielo nel lago, cit.

(7) Giuseppe Marchiori, Licini, Prefazione di Giuseppe Marchiori, Centro Culturale Olivetti, Ivrea, 1958, pag. 66.

(8) Si legga, a questo proposito, la nota (a) di A.R. (Arturo Reghini) in René Guénon, Il re del mondo, prima versione italiana autorizzata dall’originale francese per cura di Arturo Reghini con l’aggiunta di alcune note e di una Introduzione a cura dello stesso, Alberto Fidi Editore, Milano, 1927, pag. 61.

(9) Si veda, a tale riguardo, il mio scritto intitolato Il cielo nel lago, cit.